marzo 11 2016

Quando la scuola non va

La scuola è il primo ambiente–altro da casa in cui il bambino presenta se stesso.
A partire dalla Scuola d’Infanzia (ex Scuola Materna) il piccolo porta la sua esperienza relazionale, appresa in ambito familiare, a cui le maestre provano ad aggiungere e integrare nuove competenze , talvolta, però, irrealizzabili.

Ci si può scontrare con la difficoltà di separazione dai genitori, con il rifiuto del cibo, con l’allontanamento dei compagni e con l’avversione all’attività didattica.
Non essendo ancora scuola dell’obbligo, talvolta i genitori sviano alle prime comunicazioni ricevute, soprattutto in riferimento all’attività didattica.

Diventa un po’ meno semplice con l’ingresso alla Scuola Primaria (ex Scuola Elementare), momento in cui viene richiesta la “verifica” dell’apprendimento a cui segue la valutazione. E il tutto assume un grado di difficoltà superiore con l’evolversi e il progredire degli anni scolastici.

Talvolta, escluse problematiche organiche, il bambino prima e l’adolescente poi, attraverso la scuola, esprimono i propri stati d’animo, spesso caratterizzati da timore/desiderio di crescere.

A volte il “brutto voto” rappresenta una richiesta inconsapevole d’aiuto da parte del ragazzo, il bisogno di sentirsi visto, considerato, compreso dai genitori, dai professori e dagli adulti di riferimento. Non a caso, le difficoltà vengono comunicate attraverso determinate e particolari materie che “inconsciamente” il ragazzo sceglie per comunicare alcuni contenuti interiori. E’ vero che ogni bambino prima e ogni adolescente poi porta una propria struttura psichica; in linea molto generale, però, si potrebbe esemplificare che le difficoltà nei confronti delle materie scientifiche potrebbero rappresentare il bisogno/desiderio di maggiore calore emotivo.

La scuola, pertanto, rappresenta un campo prezioso in cui e attraverso il quale il bambino e il ragazzo esprimono abbastanza chiaramente come si sentono.
La cosiddetta punizione non avrebbe molto significato, in quanto, già di per sé, il figlio soffre per il mancato raggiungimento del risultato.

Se i genitori si sentissero e provassero, laddove possibile, ad avvicinare i figli e a viver con loro momenti di autentico scambio, arricchirebbero le loro esperienze e trasmetterebbero un buon modello relazionale.
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Il bambino e l’adolescente chiedono continuamente rassicurazione, ovvero quel rifornimento amorevole e caldo da parte dei genitori con cui riempire il proprio serbatoio interiore, carburarsi e sperimentarsi nella vita.